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08/04/2007
Parrocchie di Ballabio
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LA RESURREZIONE DI CRISTO: MITO O REALTÀ ?
Una verità che si crede con gli occhi della fede

Se avete dei dubbi sulla Resurezione, leggete qui:

Alcuni critici sostengono che i Vangeli abbiano nascosto la figura storica di Gesù di Nazaret dietro numerosi strati di leggende e di miti.[1] Essi pretendono che i racconti biblici della resurrezione di Cristo siano miti, e non fatti storici. Ma ci sono almeno QUATTRO RAGIONI per cui questa interpretazione "mitologica" fallisce.

Gli studi della letteratura comparata hanno dimostrato che ci vogliono diverse generazioni perché un mito possa svilupparsi. Non esistono in altre letterature esempi paralleli di miti che si siano sviluppati e creduti in presenza di testimoni oculari, ed entro il breve lasso di tempo durante il quale si è formato il Nuovo Testamento.[2] (per approfondire)
Le ricerche storiche confermano il fatto che ci fu subito la convinzione della resurrezione di Gesù. Il "credo" stilato da uno dei primi apostoli include la Resurrezione (1 Corinzi 15:3-9): questo brano è attribuito da molti studiosi a una data entro 3-7 anni dopo la morte e la resurrezione di Cristo.[3] Ciò implica che già prima di allora, la cosa fu creduta in maniera diffusa. Gli studiosi sono d′accordo che le prime lettere scritte dall′apostolo Paolo fecero la loro comparsa entro un massimo di 25 anni dal ministero di Gesù, e i quattro Vangeli tra un minimo di 21 e un massimo di 65 anni.[4] La predicazione degli Apostoli ruotava sempre attorno alla Resurrezione. In uno spazio di tempo molto breve, Giudei devoti sparsi per tutto l′Impero Romano, i quali in precedenza adoravano fedelmente Dio il settimo giorno di ogni settimana, si convertirono al cristianesimo e incominciarono ad incontrarsi piuttosto il primo giorno, per celebrare la resurrezione di Cristo.

Centinaia di testimoni videro Cristo vivente dopo la sua morte. In un′occasione apparve a 500 persone in una sola volta (1 Corinzi 15:6)!


Molti fra i testimoni oculari del Suo ministero pubblico erano ostili nei confronti del Gesù descritto nei Vangeli (Matteo 12:22 e seg.). Questi avversari avevano sia le motivazioni, sia i mezzi per correggere le eventuali falsità riguardo a Lui, se i primi discepoli avessero provato a diffonderne.[5] Ma da questa opportunità non scaturì nessuna smentita seria.

I Vangeli non somigliano né a ai miti greci, né alle leggende giudaiche.[6] In contrasto con essi, i Vangeli mancano di enfasi e di dettagli coloriti, e invece includono dettagli che tenderebbero a minare l′invenzione di eroi leggendari. Per esempio, i seguenti sei elementi in Giovanni capitolo 20 sono in contrasto con le tendenze che caratterizzano le leggende:

Con grande contegno, non si fa nessun tentativo di descrivere direttamente la resurrezione.

Maria non riconobbe subito Gesù risorto (l′"eroe") (Giovanni 20:14)...

...e neanche pensò che ci fosse in lui qualcosa di speciale (Giovanni 20:16).

Infatti, anche alla fine di quella giornata, i discepoli (gli "eroi" secondari) si stavano ancora nascondendo "per timore dei Giudei" (Giovanni 20:19).

E, se i Vangeli fossero la pura invenzione di un pregiudizio paternalistico, come accusano le femministe, sarebbe incredibile che gli autori avessero scelto delle donne come le prime testimoni del Gesù risorto. La testimonianza di una donna non aveva neanche valore legale! [7]

Ma fu proprio il loro coraggio la mattina dopo la Resurrezione a svergognare le paure degli uomini.

I Giudei erano il popolo che meno verosimilmente avrebbe inventato un Cristo mitico. Nessun′altra cultura si è opposta con tanta fermezza come quella giudaica a miti che tenderebbero a confondere la Deità con l′umanità.[8]

È vero che i racconti biblici della resurrezione di Cristo sono pieni di contraddizoni?

Certamente ci vuole un piccolo sforzo per riconciliare i racconti contenuti nei diversi Vangeli. Ma questo "problema", come viene solitamente espresso, è enormemente esagerato.
Spesso si afferma che, dal momento che i Vangeli differiscono in enfasi e nei dettagli, ci devono essere da qualche parte delle invenzioni. Ma un′interpretazione del genere non è necessaria! Quando un avvenimento qualsiasi (secolare o religioso) viene raccontato da diversi testimoni, ognuno di essi, pur rispettando le norme più rigorose di precisione e di integrità, redigerà la propria versione in maniera diversa, tenendo presenti le esigenze del proprio pubblico. Perciò la pretesa rigida degli ipercritici che tutti e quattro i Vangeli dovrebbero essere perfettamente uguali è arbitraria ed artificiale. La dott.sa Sayers afferma:


This article is also available in English: Is it true that the Bible′s accounts of Christ′s resurrection are full of contradictions? English answer...

"Spesso si rimane sorpresi nello scoprire quante apparenti contraddizioni [nei racconti della Resurrezione contenuti nei Vangeli] risultano niente affatto contraddittori, ma semplicemente supplementari... A prima vista le divergenze appaiono grandissime... Ma rimane il fatto che tutti [i racconti della Resurrezione], senza alcuna eccezione, possono essere inseriti in una sola narrativa ordinata e coerente, senza la pur minima contraddizione o difficoltà e senza alcuna soppressione, invenzione o manipolazione, oltre al piccolo sforzo richiesto per immaginare i comportamenti naturali di un gruppo di persone attonite che corrono avanti e indietro nel crepuscolo dell′alba fra Gerusalemme e il giardino". [1]

"I miracoli non sono possibili", dicono alcuni. È vero questo?

Il successo della scienza moderna nel descrivere il mondo in termini di meccanismi cosmici regolari ha portato alcuni ad escludere la possibilità di miracoli, considerati come un concetto antiquato e impossibile. Ma ciò rappresenta un presupposto filosofico ingiustificato, non una conclusione scientifica. La filosofia non può vietare dogmaticamente i miracoli fino a quando non dimostra che non esiste nessuna realtà al di fuori del mondo naturale.

Una volta ammessa la possibilità dell′esistenza di Dio (e ce ne sono prove in abbondanza, elencate in questo sito), i miracoli non possono essere esclusi a priori. Piuttosto, la questione se si è verificato o meno un determinato miracolo diventa argomento di indagine storica.[1]

Il corpo di Gesù Cristo fu trafugato dalla tomba?

Non c′è dubbio che la tomba di Gesù Cristo fu misteriosamente vuota. Come ha osservato Paul Althaus, il messaggio della resurrezione "non si sarebbe potuto sostenere a Gerusalemme per un solo giorno, neanche per un′ora, se non fosse stato stabilito con certezza il fatto che la tomba era vuota..."[1] Il dott. Craig ha osservato che "da nessuna parte compaiono tradizioni in conflitto tra loro [riguardo alla tomba vuota], nemmeno nelle polemiche giudaiche". [2]
Almeno uno scettico (il dott. John Dominic Crossan) ha affermato erratamente che le leggi romane vietavano automaticamente il seppellimento di Gesù, e che di conseguenza deve essere stato gettato anonimamente in una fossa comune. Questa affermazione non è sostenibile. Raymond Brown ha dimostrato che la politica romana riguardo alla sepoltura variava con circostanze diverse e che ammetteva la possibilità di una sepoltura personale di alcuni crocifissi.[3] Questo scenario sarebbe anche in contrasto con le frequenti proteste dei Giudei che il corpo era stato trafugato.[4] Inoltre, i Vangeli non avrebbero potuto inventare con successo come proprietario della tomba una figura così specifica come un membro del Sinedrio giudaico dal nome Giuseppe di Arimatea (Marco 15:43). Se i Vangeli avessero detto il falso su questo punto, non avrebbero potuto reggere contro l′immediata smentita e le beffe dei Giudei.

Come hanno risposto gli scettici riguardo alla resurrezione di Cristo? Alcuni hanno proposto che qualcuno deve avere trafugato il corpo di Gesù dalla tomba, e che questo ha portato poi alle storie di una resurrezione miracolosa. È possibile ciò?

I GIUDEI E I ROMANI

Né i capi Giudei né quelli romani, i quali custodirono la tomba (Matteo 27:62 seg.) avrebbero portato via il corpo. Piuttosto entrambi avevano tutti i motivi per tirare fuori pubblicamente il corpo per umiliare i discepoli e distruggere il loro movimento sul nascere. E, dal momento che la scena di questi avvenimenti era proprio lì a Gerusalemme, era sicuramente in loro potere individuare il cadavere, se esisteva ancora. Ma, a loro sconforto, non si riuscì mai a trovare il corpo in questione. Se i Giudei avessero avuto il corpo, l′avrebbero fatto comparire solennemente il giorno della Pentecoste, quando tutta Gerusalemme era in subbuglio per il sermone di Pietro sulla resurrezione di Cristo.

I SEGUACI DI CRISTO

[Leggete il racconto di Matteo di ciò che accadde realmente]

Allo stesso modo, è estremamente improbabile che i seguaci di Gesù avrebbero potuto trafugare il corpo quando un plotone di soldati romani custodiva la tomba, che inoltre era chiusa da una grande pietra. E non si può accusarli di aver inventato il racconto delle guardie addormentate, riferito in Matteo 28:11 seg. Quella storia avrebbe servito gli scopi della propaganda apologetica solo se le guardie fossero rimaste sveglie.

Perché i discepoli (o chiunque altro) avrebbero voluto rischiare la propria vita per rubare il cadavere di Cristo? Il racconto biblico mostra i discepoli impauriti, scoraggiati e sconsolati. L′unico loro scopo poteva essere quello di ingannare. Ma tutto ciò che leggiamo a proposito di quegli uomini indica che erano persone brave e oneste. Come avrebbero potuto vivere il resto della loro vita predicando tutti i giorni che Cristo era risorto dalla morte, pur sapendo che era una menzogna? Avrebbero sofferto tanto e si sarebbero sacrificati per qualcosa che sapevano essere una pura invenzione?

Sarebbe stato sciocco nascondere il corpo e poi fingere una resurrezione. Le conseguenze della loro fedeltà a Gesù includevano fustigazioni, prigionie, perfino la morte. Nessuna persona sana di mente sceglie tali cose per ciò che sa essere una menzogna. Sotto pressioni del genere, i bugiardi confessano i propri inganni e tradiscono i loro compagni.

La crescita esplosiva della Chiesa costituisce una forte prova della resurrezione di Gesù. È significativo il fatto che non furono i potenti, ma gente comune, aggravata da ogni possibile ostacolo culturale (1 Corinzi 1:26 seg.), a trasformare pacificamente l′Impero Romano con il loro messaggio della Resurrezione. Chi avrebbe mai previsto un avvenimento così "impossibile"? E invece è accaduto![5]

Il fatto che il Cristianesimo sia derivato dal Giudaismo[6] è un′ulteriore prova a favore della Resurrezione. Il famoso archeologo William F. Albright ha osservato: "A mio parere, ogni libro del Nuovo Testamento fu scritto da un Giudeo battezzato tra gli anni Quaranta e Ottanta del primo secolo d.C."[7]. Il pregiudizio fra gli Ebrei contro il Gesù del Nuovo Testamento era massiccio. Quale altra prova avrebbe portato degli Ebrei ad accettare un "delinquente" che era stato vergognosamente "appeso" (Galati 3:13) quale il Messia promesso loro, quando avevano cercato invece un liberatore militare? E quale altro fatto avrebbe portato degli Ebrei a modificare la loro convinzioni monoteistiche [8] per adorare Gesù come Dio il Figlio (Giovanni 1:18), o a cambiare il giorno del culto dal Sabato alla domenica (Atti 20:7)? Un semplice mito inventato non avrebbe mai potuto rovesciare simili speranze e tradizioni.


"Gesù fu talmente diverso dalle aspettative di tutti i Giudei riguardo al Figlio di Davide che i suoi stessi discepoli trovarono quasi impossibile riferire a lui l′idea del Messia"[9]
- Millar Burrows.

Come afferma il Nuovo Testamento, fu la resurrezione di Gesù che da sola vinse tutte queste "impossibilità" (Atti 2:24).
LA CONVERSIONE DI SAULO

Inoltre, la conversione di Saulo da Tarso suggerisce un miracolo potente. Inizialmente un nemico acerrimo della Chiesa (Atti 8:3; 9:1, Galati 1:13), egli fu totalmente trasformato per diventare un servo di Gesù. Scegliendo di soffrire per amore di Cristo (2 Corinzi 11:23 seg.), Paolo sacrificò tutto ciò che possedeva, sopportò le persecuzioni e predicò il Vangelo in città dopo città fino a Roma, dove morì infine martire. A lui si attribuisce una maggiore influenza sulle sorti dell′Impero Romano di qualsiasi altro personaggio del primo secolo a eccezione di Cristo stesso.[10] Nulla di meno della resurrezione di Cristo può neanche cominciare a spiegare una simile trasformazione totale.

GLI ALTRI APOSTOLI

Anche gli altri Apostoli vinsero le loro paure per far fronte alle sofferenze, alla prigionia, perfino la morte, per proclamare la Buona Novella del Cristo risorto in ogni parte del loro mondo. Si può forse pensare che questa gente morisse così gioiosamente per un semplice mito? "Ciascuno dei discepoli, a eccezione di Giovanni, morì martire... perché si aggrappavano con tenacia alle loro convinzioni e i loro proclami", osserva lo studioso Josh McDowell.[11]

In contrasto con altri che sono morti per una speranza non verificabile di una vita nell′oltretomba (ad es., mistici che cercano una reincarnazione, o militanti islamici che si aspettano di essere premiati da Allah), i discepoli di Gesù vissero e morirono per la loro pretesa storicamente verificabile che la tomba era vuota e che Egli era stato visto di nuovo vivo.

Il celebre studioso di giurisprudenza dott. Simon Greenleaf, fondatore della Harvard Law School, fa notare che:


"Propagando questa nuova fede, anche nella maniera più pacifica e inoffensiva, [i cristiani primitivi ricevevano] scherni, opposizioni... e una morte crudele. Eppure propagavano con zelo proprio questa fede, e sopportavano tutte quelle sofferenze senza esitazione, anzi con gioia. Mentre l′uno dopo l′altro veniva messo barbaramente a morte, i sopravvissuti [continuavano] semplicemente la loro opera con accresciuto vigore e determinazione... Le cronache delle guerre militari forniscono a mala pena un esempio di una simile costanza e pazienza eroica e di un tale coraggio invincibile... Anche se fosse moralmente possibile che essi si siano ingannati in materia, ogni motivazione umana cooperava per portarli a scoprire e a riconoscere il loro errore. Da queste [considerazioni] non c′è scampo se non nella perfetta convinzione e ammissione che erano uomini onesti, che testimoniavano di ciò che avevano accuratamente osservato... e che ben sapevano essere la verità".[12]

Il dott. Greenleaf è da molti considerato come uno dei più grandi cervelli legali nella storia degli Stati Uniti. Era stato in precedenza uno scettico accanito nei confronti del cristianesimo, e si era dato da fare per smentire la deità di Cristo. Alla fine, concluse che la Resurrezione era un fatto vero "al di là di ogni ragionevole dubbio". Greenleaf divenne credente dopo avere studiato le prove per conto suo. Molte fra le più brillanti menti legali sono d′accordo con Greenleaf nell′affermare che, se le prove della morte e della resurrezione fossero presentate davanti a un tribunale, la causa sarebbe indubbiamente vinta. Le pretese del cristianesimo sono benissimo sostenute e dimostrate da prove indipendenti e convergenti.

È possibile pensare che Gesù non morì, ma che svenne semplicemente sulla croce e poi si riprese dalle ferite?

La crocifissione era un′esperienza atroce -- infatti, usiamo l′espressione "mettere qualcuno in croce" per esprimere una sofferenza indicibile. Le cause della morte per crocifissione erano molteplici e dolorosissime: comprendevano l′esaurimento fisico, l′asfissia, la disidratazione e il blocco cardiaco.[1]
Suggerire che Gesù avrebbe potuto sopravvivere a una simile tortura su quella croce romana, per poi trascinarsi fuori dalla tomba con le proprie forze, è già assai improbabile! Che sarebbe poi riuscito a nascondere il proprio aspetto lacerato e gravemente ferito a tal punto da ingannare i discepoli disperati e convincerli che fosse "il Signore della vita risorto" e Vincitore della morte, è davvero assurdo! Un uomo ridotto in quelle condizioni non avrebbe mai potuto essere l′ispirazione dei suoi discepoli. Gesù sarebbe stato esposto al ludibrio come ciarlatano. Solo un Gesù risorto in maniera soprannaturale sarebbe stato capace di guarire i cuori infranti dei discepoli.

I soldati romani accertarono che Gesù era morto, e lo era davvero. Il miscuglio di sangue e di acqua che emerse dalla ferita che gli fecero nel costato ne è una prova lampante.

Se gli autori dei Vangeli avessero avuto la tendenza a esagerare, ne sarebbero stati impediti dal fatto che erano ancora in vita tantissime persone che erano state testimoni oculari degli avvenimenti dei quali essi scrivevano. Molti di questi erano loro avversari. Se i discepoli avessero inserito delle inesattezze o esagerazioni, sarebbero stati smentiti da coloro che avevano una conoscenza diretta dei fatti.

Qualcuno oggi potrebbe pensare ingenuamente che il primo secolo d.C. fosse un tempo di credulità estrema ed infantile; che la gente di quei tempi fosse pronta ad attribuire a una causa soprannaturale qualsiasi evento fuori del normale. Ma questo sarebbe un modo distorto di concepire quell′epoca. Gerusalemme era una crocevia del mondo. Già da più di tre secoli gli uomini colti leggevano Aristotele. La filosofia prevalente del periodo era l′epicureismo ("mangiamo, beviamo e godiamo, perché domani moriremo"). Molti nel mondo greco-romano a mala pena ammettevano l′esistenza di un vero Dio e guardarono con il più grande disprezzo l′idea che un dio potesse intervenire negli affari degli uomini. Anche i Giudei erano scettici e razionalisti, dal momento che avevano assorbito le idee filosofiche romane. (Essi infatti facevano parte del mondo romano e vivevano sotto leggi romane e la giustizia romana.)

Alcuni pretendono che i testimoni della resurrezione di Cristo devono essere stati soggetti ad allucinazioni o un isterismo di massa: è possibile?

Su una cosa praticamente tutti gli studiosi di qualsiasi scuola sono d′accordo: che i primi discepoli, dentro di sé, erano assolutamente convinti di aver visto il Cristo risorto.[1]
Il messaggio dell′Evangelo cristiano riguardo alla morte e alla resurrezione di Cristo si respira in quasi tutti i documenti del Nuovo Testamento. Dunque, la vera domanda è: come spiegare la loro evidente convinzione? Erano per caso vittime di allucinazioni?

Mentre a prima vista questa tesi potrebbe apparire plausibile, molti fattori contraddicono una simile idea.[2] Per elencarne solo alcuni:

Il grande numero dei testimoni (erano infatti centinaia: 1 Corinzi 15:5-8)...

...e il fatto che coprono l′intera gamma dei tipi di personalità (ad es., Giovanni cap. 20: Pietro, Tommaso, le due Maria, ecc.), contraddicono la teoria delle allucinazioni, le quali, per definizione, non sono esperienze condivise.

Non esistono visioni che appaiono a una folla. Generalmente esse sono viste da una sola persona alla volta, e quella persona deve essere nell′attesa di vederla e in uno stato altamente emotivo. Come dimostra la Bibbia, nessuno dei seguaci di Gesù si aspettava che egli risorgesse dalla tomba. Luca racconta che quando Gesù apparve ai discepoli, "essi, terrorizzati e pieni di paura, pensavano di vedere uno spirito" (Luca 24:37).

Neanche uno scambio di persona potrebbe essere la spiegazione. Certamente i discepoli avrebbero riconosciuto quella persona che era stata con loro ogni giorno da oltre tre anni!

La trasformazione sostanziale, permanente e positiva dello stile di vita di molti dei convertiti smentisce qualsiasi teoria di allucinazioni. Lo studioso ebreo Dr. Pinchas Lipide ha scritto:

"Se quella banda spaventata di apostoli poteva improvvisamente cambiare da un giorno all′altro in un′impresa missionaria piena di baldanza... allora nessuna visione o allucinazione è sufficiente per spiegare una simile trasformazione rivoluzionaria".[3]

Seppure Lipide sia un rabbino ebreo-ortodosso che non accetta Gesù come Messia, egli cede davanti alle prove schiaccianti che Gesù deve essere risorto dalla morte.

Perché la morte e la resurrezione di Cristo sono di importanza vitale per il cristianesimo?

Molti critici rigettano la "teologia del sangue" della Bibbia perché la vedono come avanzo di un tipo religione barbaro e primitivo bollato "una religione da macello". Il cristianesimo biblico è stato abbandonato da alcuni che si considerano troppo raffinati da includere nel proprio culto l′idea del sacrificio.
La Bibbia afferma senza reticenze: "L′anima che pecca morirà", e ancora: "il salario del peccato è la morte" (Ezechiele 18:20; Romani 6:23). Nel governo morale di Dio, Egli ha decretato che la pena meritata del peccato è la morte fisica ed eterna. Possiamo ribellarci al decreto di Dio, considerandolo ingiusto o estremo, ma tali proteste servono solo a dimostrare fino a che punto il peccato ci ha accecati alla vera natura del peccato. Il fatto che Dio richieda un pena così drastica dovrebbe farci capire, non che Dio sia brutale, ma che il peccato è atroce.

Tuttavia Dio, nel Suo amore incommensurabile per l′uomo peccatore, ha ancora decretato che la pena del peccato può essere portata da un sostituto, e su questo principio è costruito il sistema dei sacrifici nell′Antico Testamento.


"Poiché la vita della carne è nel sangue. Per questo vi ho ordinato di porlo sull′altare per fare l′espiazione per le vostre vite, perché è il sangue che fa l′espiazione per la vita".
- Levitico 17:11

This article is also available in English: What about the death and resurrection of Christ was important and vital to Christianity? English answer...

Anche se qualcuno l′avesse voluto, non avrebbe potuto offrire se stesso come sacrificio per i propri peccati, in quanto i peccati lo squalificavano dal costituire un sacrificio accettabile. Di conseguenza, l′Antico Testamento dava disposizioni per l′offerta di certi animali scelti, il cui sangue veniva sparso in sostituzione per fare ammenda dei peccati di quanti si pentivano e confidavano nella rivelazione di Dio.
Tutti gli animali innocenti e senza difetti destinati al sacrificio nell′Antico Testamento anticipavano il grande Sacrificio, quello offerto da Gesù Cristo sulla croce del Calvario. Giovanni Battista Lo presentò dicendo: "Ecco l′Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!" (Giovanni 1:29). La pena imposta da Dio per il peccato non solo è giusta, ma anche misericordiosa, perché Dio stesso, nella persona di Suo Figlio, scontò quella pena per tutto coloro che sono disposti ad accettarLo come loro Sostituto.

Dio il Figlio, apparso in forma umana, sparse il proprio sangue per i peccati dell′uomo, soddisfacendo così ogni esigenza della giustizia divina. E per mezzo di quel sangue prezioso, Dio dimostrò nello stesso tempo di "essere giusto e giustificare chi ha fede in Gesù" (Romani 3:26).

La Bibbia raffigura l′uomo perduto come schiavo del peccato, e parla della sua liberazione paragonandola alla maniera in cui gli schiavi venivano redenti nel mondo antico. In Cristo, "abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia" (Efesini 1:7). "Non con cose corruttibili, come argento od oro, siete stati riscattati dal vostro vano modo di vivere... ma col prezioso sangue di Cristo, come di Agnello senza difetto e senza macchia" (1 Pietro 1:18-19).

Senza Gesù Cristo, tutti gli esseri umani sono lontani da Dio. Il peccato, che è ribellione, ha creato un abisso tra Dio e l′uomo che l′uomo non riuscirà mai a superare. Ma il sangue di Cristo ha fatto un ponte tra Dio e l′uomo.


"Ma ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete stati avvicinati per mezzo del sangue di Cristo".
- Efesini 2:13
"Ma Dio manifesta il suo amore verso di noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. Molto più dunque, essendo ora giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall′ira per mezzo di lui".
- Romani 5:8-9


Il peccato umano produce una contaminazione del cuore che può essere purificata unicamente dalla grazia di Dio. E questa grazia si manifesta nell′efficacia del sacrificio di Cristo, così che l′Apostolo Giovanni dichiara: "Il sangue di Gesù Cristo, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato" (1 Giovanni 1:7). Mentre Dio non tollererà il peccato, possiamo comunque avvicinarci a Lui ed essere accolti con amore per mezzo del sangue di Cristo. Il libro dell′Apocalisse ci dà questo squarcio sulla gloria futura:

"Sono quelli che sono venuti dalla grande tribolazione, e hanno lavato le loro vesti e le hanno imbiancate nel sangue dell′Agnello. Per questo essi sono davanti al trono di Dio e lo servono giorno e notte nel suo tempio".
- Apocalisse 7:14-15

La Bibbia sottolinea l′importanza del sangue di Cristo perché soltanto nel Suo sacrificio possiamo trovare perdono, purificazione, riconciliazione, salvezza e gloria!

"Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna". (Giovanni 3:16)






Ma Cristo dovette veramente morire prima che Dio potesse perdonare i peccati?

A prima vista, sembrerebbe che un Dio che amasse gli uomini e le donne peccatori abbastanza da salvarli sarebbe dovuto essere capace di escogitare un progetto di salvezza che non richiedesse la morte del proprio amato Figlio. Dio non è forse esageratamente vendicativo nell′esigere che venga pagato il debito del peccato? Non poteva perdonarci senza richiedere il pagamento di un prezzo?

Simili domande vorrebbero scandagliare la stessa natura di Dio, e mentre noi non siamo in grado di comprendere pienamente le Sue infinite perfezioni, la Bibbia rivela abbastanza del Suo carattere da concederci una risposta (Giobbe 11:7; Deuteronomio 29:29).

Mentre la Bibbia afferma che "Dio è amore" (1 Giovanni 4:8,16), essa non presenta l′amore come unico attributo di Dio. In tutte le Scritture, Dio viene rappresentato innanzitutto come Santo (Salmo 99:9; Isaia 5:16) - santo di carattere (Salmo 22:3; Giovanni 17:11), santo di nome (Isaia 57:15; Luca 1:49), santo nelle opere (Salmo 145:17), santo nel suo Regno (Salmo 47:8). La ragione per cui i cristiani possono contare sulle promesse di Dio è che Egli le ha garantite con la propria santità (Salmo 89:35).

La risoluzione del presunto conflitto tra l′amore e l′ira di Dio sta interamente nella Sua santità. Il medesimo Dio può manifestare nello stesso tempo e amore e ira perché Egli è innanzitutto santo. Gli angeli che circondano il trono di Dio non cantano, né "Amore, amore, amore", né "Ira, ira, ira", ma piuttosto: "Santo, santo, santo" (Isaia 6:3, Apocalisse 4:8).

La santità di Dio implica una netta separazione da ogni forma di peccato e una giustizia perfetta nel confrontarsi con i peccati delle Sue creature. Se Dio dovesse violare questo attributo fondamentale, il Suo perdono sarebbe pressoché inutile. Quale valore avrebbe il perdono impartito da Uno che fosse privo di valori morali? Il concetto della salvezza non ha senso se non si parte dalla santità di Dio. Di conseguenza, il peccato non è una cosa da nulla, da mettere da parte con leggerezza o ignorare tranquillamente. L′esistenza del peccato necessitava una riposta.

L′Apostolo Paolo affronta questo problema in Romani 3:21-26, ed egli dimostra come Dio poteva nello stesso tempo "essere giusto e giustificare chi ha fede in Gesù" (Romani 3:26). L′enfasi principale di questo brano è la giustizia di Dio, menzionata nei versetti 21, 22, 25 e 26. Dal momento che la santità di Dio rimane parte immutabile del Suo carattere, Egli non può semplicemente passare sopra la ribellione e il peccato. Tuttavia, la giustizia e la misericordia si uniscono nel piano divino per gli esseri umani, che è di rendere disponibile "la giustizia di Dio mediante la fede in Gesù Cristo verso tutti e sopra tutti coloro che credono" (3:22).

Dio non deve violare la propria santità per dare la salvezza, dal momento che Dio il Figlio ha fatto una "espiazione mediante la fede nel suo sangue per coloro che credono (3:25). "Espiazione" si riferisce alla soddisfazione della giustizia divina e deriva dalla pratica di aspergere del sangue dei sacrifici il "propiziatorio", il coperchio dell′Arca del Patto nell′Antico Testamento. Questo uso del sangue simboleggiava la morte di un sostituto che così espiava la pena della trasgressione delle leggi di Dio. Gesù Cristo è diventato il nostro Sostituto: "Infatti il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore" (Romani 6:23).




Gesù soffrì sulla croce, e l′Apostolo spiega le sue sofferenze, dicendo: "...per dimostrare così la sua giustizia per il perdono dei peccati, che sono stati precedentemente commessi durante il tempo della pazienza di Dio..." (Romani 3:25). Dio aveva perdonato i peccati dei credenti del periodo dell′Antico Testamento sulla base del futuro sacrificio di Cristo, esattamente come oggi li perdona sulla base del Suo sacrificio passato, offerto una volta per tutte (Ebrei 10:12). E sempre e in ogni caso, Dio rimane santo. Il cuore dell′insegnamento evangelistico di Paolo a Tessalonica era che "il Cristo doveva morire e risuscitare dai morti" (Atti 17:3). La morte di Cristo non fu un "optional", anzi fu centrale nel piano di salvezza di Dio.

Una certa confusione deriva dall′idea errata che Dio Padre non doveva amare Cristo se gli ha imposto di morire prima di concedere il perdono agli esseri umani peccatori. Ciò ignora il chiaro insegnamento della Scrittura che Gesù era Dio il Figlio, pere cui, essendo l′uguale in ogni perfezione con Dio Padre, fu d′accordo con il piano della redenzione. Alla vigilia della crocifissione, Gesù pregò: "Padre, l′ora è venuta; glorifica tuo Figlio, affinché il Figlio glorifichi te" (Giovanni 17:1). Ebrei 12:2 rivela che Gesù sopportò la croce e ne disprezzò la vergogna "per la gioia che gli era posta davanti". Seppure certi sviati moderni presentino un Cristo che va alla croce protestando contro la crudeltà del Padre, le Scritture ci mostrano Padre e Figlio in perfetta armonia durante tutto il processo della redenzione.

La santità e la giustizia di Dio sono elementi immutabili del Suo carattere, e in virtù di esse Egli esegue il giudizio sul peccato come Sovrano del regno morale. Tuttavia, Egli stesso ha soddisfatto questa meritata pena nella persona del Suo Figlio, di modo che, senza violare la propria natura santa, Egli garantisce il perdono e la giustificazione di tutto coloro che credono.

"La Pasqua non è in primo luogo una consolazione, ma una sfida", scrisse J.N.D. Anderson, già Decano della Facoltà di Giurisprudenza dell′Università di Londra. "Se la Resurrezione è un fatto vero [come egli stesso e altri hanno infatti dimostrato], allora è il fatto supremo della storia, e mancare di regolare la propria vita in base alle sue implicazioni significa una perdita irreparabile".[1]
La resurrezione di Gesù Cristo non è una questione di mera curiosità storica, ma un avvenimento dalle conseguenze enormi per te. Secondo Romani 1:4, la resurrezione di Gesù conferma le elevate pretese della Bibbia riguardo a Lui, e che solo Lui è la via che conduce al Paradiso.

Gesù gli disse: "Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me".
- Giovanni 14:6

La resurrezione di Cristo garantisce che ci sarà un Ultimo Giudizio (Atti 17:31), e che esistono un Paradiso e un Inferno (Apocalisse 1:18).
Ma questo Cristo risorto offre il perdono dei peccati e una salvezza eterno a chiunque confida in Lui (Giovanni 11:25-26, Romani 4:24-25). Nessun essere umano può sfuggire a queste implicazioni.

LA TUA DECISIONE? UN NUOVO INIZIO?

Non puoi dunque permetterti di rimanere agnostico riguardo a Gesù e le Sue pretese nei tuoi confronti. Mentre è vero che molti oggi restano indifferenti verso tali questioni, evitarle non è una posizione onesta. Il cumulo delle prove a sostegno delle Sue affermazioni esige la tua sincera considerazione!

Ed è richiesta la considerazione non solo del tuo intelletto, ma dell′intero tuo essere! Infatti Colui che è "vivente per i secoli dei secoli" (Apocalisse 1:18) dice:

"Ecco, io sto alla porta e busso, se qualcuno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui, e cenerò con lui ed egli con me".
- Apocalisse 3:20

La "porta" qui simboleggia l′accesso al tuo cuore, alla tua mente e alla tua volontà. Gesù desidera entrare nella tua vita per essere il tuo Salvatore e Signore. Allora, "Oggi... non indurire il tuo cuore" (cfr. Ebrei 4:7). Piuttosto, apriGli il cuore e lascia entrare Colui che è morto ed è risorto per te!

dal sito: www.christiananswers.net


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