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22/01/2006
Parrocchie di Ballabio
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FESTA DELLA S. FAMIGLIA E ANNIVERSARI DI MATRIMONIO
In Parrocchia BVA intenso momento comunitario

« METTI IN CIRCOLO IL PERDONO ».
Festa della Sacra Famiglia 22 gennaio 2006
Litigi, offese, silenzi. Addirittura, il tradimento. Nell'avventura di una famiglia, luogo di relazioni primarie in cui le persone si mettono a nudo nella loro essenza e nei propri difetti, ci si tro­va a volte a dover affrontare situazioni di tensione e fatica, e di dover essere in grado di superarle, per difendere con i den­ti il prezioso clima di serenità della casa.
«All'interno della famiglia, che è per eccellenza "il luogo de­gli inizi", dopo ogni scontro si ricomincia da capo. Ma tra gli uomini non è possibile un nuovo inizio se prima non c'è il per­dono».
Mariateresa Zattoni, nota pedagogista e membro del­la Consulta nazionale della famiglia della Cei, autrice di nume­rosi libri tra cui il recente Genitori nella tempesta (San Paolo) non ha dubbi: "Metti in circolo il perdono", il tema scelto que­st'anno per la Festa della Santa Famiglia, che si celebrerà do­menica 22, è assolutamente indovinato.

* Perché in casa saper perdonare è così importante?
Quando ci si perdona non si cancella il passato - il che è im­possibile e non auspicabile - ma si cerca di azzera­re gli effetti inquinanti e negativi sui rapporti delle incomprensioni e delle offese.
* E come si fa?
C'è una strada, che io definisco "alla vecchio Ada­mo", che è quella del classico "mettere una pietra sopra" a ciò che è successo. È il metodo del «fac­ciamo finta di niente», di chi dice: «lo ti perdono per­ ché sono buono». Ma questa forma di perdono, che pure presuppone buona volontà e generosità, non migliora i rapporti. Pensiamo al caso del tradimen­to coniugale. Quante volte si sentono affermazioni come: «Io ho perdonato, però mi è rimasto qualco­sa dentro, i rapporti sono ancora tesi». La ruggine si trascina, la persona offesa si ritrova a pensare: «Io non riesco a capire come sia potuto succedere, non potrò mai dimenticare». Questo perché io, offeso, mi metto su un piedistallo, mentre l'altro sta davanti a me come colpevo­le, o almeno ex colpevole. Ma Gesù ci insegna che uno non può essere ridotto alla somma delle sue colpe, per quanto grandi. Ecco perché bisogna arrivare a un altro modo di perdonare.

* Qual è allora il perdono "giusto”?
Io posso dire d'avere veramente perdonato una persona quan­do non mi sento più su un piedistallo, ma vedo l'altro come di­scolpato, come uno che io ho raggiunto nella sua dimensione profonda e che ora sta davanti a me con il suo briciolo d'inno­cenza. Quando dico questo, chi mi ascolta, che sia laico op­pure religioso, di solito mi pone un'obiezione: «Ma allora non c'è più il peccato?».

* E lei che cosa risponde?
Ma proprio perché l'altro si sente discol­pato, allora può riconoscere il proprio peccato, così come il figlio prodigo del­la parabola evangelica dichiara di avere peccato davanti al padre, che l'aveva perdonato.
Ma come si fa a perdonare così? Si tratta di un percorso lungo e faticoso, che comprende successi e insuccessi. E’ possibile se io, offeso, mi metto tra pa­rentesi, non penso più a me, non sento più, almeno provvisoriamente, il brucio­re dell'offesa, e "trasloco" armi e baga­gli nel sé profondo dell'altro, fino a vedere il mondo con i suoi occhi. È a questo punto che, an­che nel caso dell'offesa più bruciante, mi viene il sospetto che, in qualche modo, anche io abbia la mia parte di re­sponsabilità in ciò che è successo. È allora che riesco a ve­dere quanto, ad esempio, ho dato per scontato il mio matrimonio, o non ho lavorato per mantenerlo vivo.
Non c'è tra noi chi sia solo innocente o solo colpevole. Lo stesso Padre Nostro ci tratta tutti da "debitori". Ecco perché, quando io riesco a fare quest'opera creativa per capire le ragioni profonde dell'altro, anche quelle che lui non mi sa dire, allora il mio perdono cambia i rapporti.

* Ma quest'operazione è davvero sempre possibile?
Quante volte, nel mio studio, ho sentito storie di riconci­liazione incredibili! Ricordo ad esempio una madre, che non aveva saputo capire la figlia ormai adulta, con cui il rapporto si era deteriorato gravemente. Quando la madre riuscì a chiedere perdono alla figlia, la giovane le disse: «Se gli errori che abbiamo fatto ci hanno portate fino a qui, allora evviva quegli errori». Solo quando non c'è giu­dizio la vita può veramente ricominciare.


[ Il rinfresco dopo la Santa Messa della 10,30 ]

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